IO MI SONO SCOCCIATA
Sono nata nel 1951 e quando avevo 8 anni ho compreso di avere meno valore agli occhi dei miei genitori rispetto a mio fratello di 4 anni minore.
Non tanto perché a me fossero affidati incarichi che lui non doveva svolgere (mia madre era la classica casalinga ‘regina della casa’ per cui era per lei motivo di orgoglio occuparsi di tutti noi a 360°) ma perché in occasione del Natale 1959 – in una famiglia con il padre operaio e quindi con pochi mezzi a disposizione – mi resi conto che mio fratello valeva un’automobilina a pedali nuova di zecca mentre io soltanto due vecchie bambole rivestite a nuovo dalla creatività e dalle mani laboriose di mia madre.
Ciò che mi fece più male fu il fatto che tutti pensassero che io non me ne fossi resa conto… e ciò offese la mia intelligenza.
Passarono gli anni e, nonostante io fossi un’ottima studentessa che studiava praticamente a costo zero per la famiglia grazie alle borse di studio che annualmente riuscivo a vincere, fui indirizzata ad una scuola superiore che non desideravo frequentare perché «tanto poi tu ti sposi ed è meglio che tu abbia un lavoro come insegnante piuttosto che frequentare l’università»… Gli introiti familiari continuavano ad essere limitati e l’investimento doveva essere fatto su mio fratello.
Le aspettative nei miei confronti erano, però, sempre elevatissime come se il mio ‘dovere’ in quanto donna fosse quello di essere una bella statuina, obbediente e caricata a molla per dare il meglio di sé sempre.
Eravamo nel 1968 e in una piccola città come Como i movimenti studenteschi segnarono una svolta importante. Il femminismo risvegliava in noi la consapevolezza di un corpo, di uno spirito, di una mente che potevano essere liberi e che non si ponevano confini. I miei genitori attribuirono il mio cambiamento al fatto che fossi stata ‘plagiata’ dalla componente maschile della scuola che frequentavo e non a una mia personale crescita e alla ricerca di una dimensione che mi facesse stare bene con me stessa e con gli altri. Seconda profonda offesa alla mia intelligenza… ma è consentito alle belle statuine averne una?
Fu a questo punto della mia vita che decisi di liberarmi del provincialismo della città in cui vivevo e dell’amore – perché di amore si trattava comunque – di una famiglia che calpestava quotidianamente la mia autostima, costringendomi ad essere quello che io non sentivo di essere.
Decisi che non sarei stata proprietà di nessuno se non di me stessa.
Vinsi l’ennesima borsa di studio che mi portò per un anno negli Stati Uniti, in California, vicino a Los Angeles, in un 1969 ricco di fermenti, rivendicazioni dei diritti umani e autoaffermazione degli afroamericani; e quando ritornai in Italia, nonostante avessi soltanto 18 anni, mi fu molto chiaro che cosa volevo dalla vita.
Studiai (anche se alla laurea non ci sono mai arrivata…ma adesso non ne sento la mancanza), lavorai, conobbi un uomo che diventò mio marito e che – sebbene se mia madre continuò a considerarmi ‘plagiata’ anche da lui per lungo tempo – ha dimostrato per ben 47 anni di stimarmi, di rispettarmi e di fidarsi delle capacità di quella bambina che ‘valeva meno di suo fratello’. E lo dimostra ancora.
Ho scelto di prendermi il tempo per crescere i nostri sei figli (tra figli biologici e figli adottivi); ho lavorato in associazioni interculturali; mi sono occupata di cooperazione internazionale in Paesi nei quali le donne sono ancora e sempre proprietà di qualcuno, realizzando – per loro e con loro – bellissimi progetti che con gli uomini non funzionavano mai…
Oggi guardo le mie figlie e i miei figli ormai adulti e mi piace il loro modo di interagire tra loro e con i rispettivi compagni e compagne. Il valore di ciascuno di loro, qualunque esso sia, è apprezzato dagli altri.
Adesso sono una nonna che ha scelto di prendersi del tempo per stare con i cinque nipoti (tre maschi e due femmine) ai quali non riesco a raccontare favole di principi, principesse e mondi incantati. Racconto loro, sotto forma di storia, la vita delle donne che ammiro e che, in qualche modo hanno lasciato un segno anche nella mia… Angela Davis, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Samantha Cristoforetti, Frida Kahlo, Malala Yousafzai, Aung San Suu Kyi, Fadumo Dayib…
Ho amato molto.
I miei genitori. Mio marito. I miei figli. Adesso i nipoti.
Ma non sono stata mai proprietà di nessuno … e da questa consapevolezza deriva la mia serenità.
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